Darwin, che era un tizio davvero intelligente, ha parlato spesso della qualità che forse, più di ogni altra, ha permesso ad alcune specie di evolversi, nel tempo, più di altre. Egli la definiva “capacità di adattamento”, ma io preferisco chiamarla tolleranza.
Tolleranza, come parola, suona un po’ antipatica, perché non sembra ciò che significa, così non ha il successo mediatico che meriterebbe e non va tanto di moda: fa pensare a Gandhi e al Papa.
In realtà, secondo me, è molto più di una semplice virtù; direi che è una specie di superpotere, come la calma, che è la virtù dei forti… il senso della misura, più raro dei diamanti… o una buona digestione.
Non ci credete, vero? Probabilmente è ancora troppo presto; ne riparliamo tra qualche anno…
Vi ho già̀ detto che, tra le sette virtù̀, la tolleranza è la mia preferita?
Come? Non c’è, tra le sette?
Beh, dovrebbe… Del resto, di virtù, ne mancano altre.
È, forse, meno importante della forza, o della pazienza? Io non credo. Anzi, la tolleranza è sia forza (proprio come in fisica, perché́ cambia lo stato delle cose) che pazienza… che poi la pazienza scappa, mentre la tolleranza non scappa mai: uno può impiegarci tutto il tempo che vuole.
La tolleranza è più̀ prudente della prudenza, più̀ giusta della giustizia. Somiglia alla carità̀… non ‘carità’ nel senso di ‘beneficenza’: parlo della ragione per cui facciamo qualcosa per qualcuno, senza aspettarci nulla in cambio, ad esempio, un gesto concreto che migliora la vita degli altri e finisce per farci felici, quasi casualmente, ne parlava Confucio, ma anche San Paolo ai Corinzi. Tutti e due, però la chiamavano in un altro modo.
Alcuni la confondono con l’amore per il prossimo, ma forse è ancor più̀ democratica, perché́ l’amore ha il potere di dare la vita, si sa, ma è cieco, mentre la tolleranza ci vede benissimo. Inoltre, l’amore che dona la vita, ogni tanto la toglie, mentre non è mai morto nessuno, di tolleranza.
La tolleranza è equilibrata come la moderazione, a metà strada tra il saper dosare noi stessi e saper vedere il bene negli altri.
Soprattutto, la tolleranza è profonda come la fede, ma col vantaggio di saper ascoltare tutte le opinioni e senza il limite, proprio della fede, di dare la verità per saputa, mentre la tolleranza, per saputo, non dà nulla.
Infine, la tolleranza è la mia virtù̀ preferita perché́, fin da bambini, ci hanno insegnato a essere spavaldi, a cogliere l’attimo e andare dove ci porta al cuore, senza curarci, a vario titolo, di quello che vogliono gli altri.
Noi però non viviamo in Alaska e nemmeno a Bora Bora.
Vedere il prossimo come un ostacolo sulla via che conduce a noi stessi non è una strategia praticabile, a lungo andare. Gli altri ci sono e sono come noi, hanno diritto come noi.
Per questo la tolleranza è più importante delle altre virtù̀. Senza tolleranza non digeriamo il glutine… o il lattosio. Figuriamoci se potremmo mandar giù le ingiustizie.
Ah, mancava la speranza, che però, si sa, è l’ultima a morire…
Resterà tutta sola.