A un elegante buffet, servivano bugie e verità. Uno dei camerieri, accortosi che un ospite stava mangiando, visibilmente disgustato, una verità, disse: “Se non gradisce quella, assaggi una bugia: sono più dolci”. L’ospite rispose: “Io avrei preso senz’altro una bugia, ma purtroppo non ne è avanzata neppure una!”
La verità, anche se è la miglior portata sulla tavola, avanza sempre.
La menzogna dilaga. Non saprei dire come siamo arrivati a questo punto. Non so neppure come fosse prima perché, anche se, a prima vista, la storia dell’uomo sembrerebbe soprattutto la storia degli sforzi protesi a illuminare la verità, a uno sguardo più approfondito non sfuggono lunghe epoche di oscurantismo, epoche in cui la menzogna, più di una verità, per cui l’uomo non sembrava mai abbastanza pronto, fu per lui un più confortevole asilo.
Vi furono uomini che si immolarono nel nome della verità e, anche se non mancano eccezioni, intere folle sono pronte, ancora oggi, a tributare loro grande merito, non dubitando quasi più che ciò che sostennero si sarebbe dovuto riconoscere vero da subito.
Sappiamo tuttavia che non fu sempre semplice, che essi dovettero lottare per ottenere attenzione, per vincere i pregiudizi e per abbattere le resistenze. Dovettero combattere contro l’ignoranza, contro la tradizione e contro l’interesse delle persone che, dal superamento di ignoranza e tradizione, avevano forse qualcosa da perdere. La lotta per la verità fu tanto più cruenta, quanto più quell’interesse fu grande. In quei casi, le stesse persone che osteggiavano il progresso, quand’anche fosse loro molto chiaro che di progresso si trattasse e pur sapendo bene quale fosse la verità, preferirono mentire, disposte a negare anche l’evidenza dei fatti più elementari.
Per certi versi, non è cambiato niente. Per certi versi è peggio, perché oggi, probabilmente, sappiamo molte più verità di ieri.
La verità è conoscenza e la conoscenza, si sa, è come un territorio, che si estende man mano che scopriamo la verità. Così, quando il territorio è piccolo come un francobollo, piccoli sono i suoi confini. Quando il territorio è ampio, i confini diventano inimmaginabili.
Più so e più so che non so. Non è facile trovare sufficienti termini di paragone a eventi inediti e irripetibili quando inediti e irripetibili sono quasi tutti gli avvenimenti che riguardano le nostre vite. Ancor meno facile è il confronto tra opinioni, i cui motivi dipendono da situazioni, pur simili, anch’esse inedite e irripetibili.
Io non so nulla della verità, ma conosco la menzogna abbastanza bene e mi sembra chiaro che, se la verità comporta sacrificio, quando il sacrificio tocchi a noi o i nostri cari, la menzogna potrebbe risultarci meno odiosa.
Mentono tutti, mente il leone accovacciato nella savana, mente il roditore che si finge morto, la pianta carnivora che si finge inerte; mente chi gioca d’astuzia, chi inganna la morte. Mentiamo per minimizzare le conseguenze delle nostre difficoltà, per posticiparle, sperando che la verità, che incombe sempre, irrompa in un momento migliore, in cui sapremo affrontarla meglio.
Nascondiamo la verità a nostra madre, ai nostri capi, ai nostri figli.
Mentiamo quotidianamente sulle piccole cose e, nel momento decisivo, su quelle grandi, fino a quando non sia inevitabile arrendersi, quando non serva neppure parlare. Allora lasciamo che la verità si sveli da sé, come fa sempre.
Mentiamo per convenienza e per una buona causa, per paura o per eroismo. Mentiamo perché, anche se ci hanno insegnato che non sta bene, è un’opzione, tra le molte a nostra disposizione, che sarebbe sciocco non considerare, in certe circostanze.
La menzogna fa parte di noi e dilaga intorno a noi, lungo la linea, a volte appena percettibile, come una sfumatura, a volte profonda e sanguinante come una ferita, che ci separa dal baratro, che divide gli ultimi inclusi dai primi esclusi.
La linea è provvisoria, come lo siamo tutti noi; è in costante movimento e spesso trovarsi al di sotto o al di sopra di essa non dipende da egoismo, se non per pochi attimi. Purtroppo, in questi attimi, si può decidere della vita e della morte di molte persone.
La vergogna per la nostra vigliaccheria, per la crudeltà e per l’avidità, quando capiamo che condannare gli altri a soccombere è umano, può non essere sopportabile, può richiedere l’invenzione di una versione più degna di memoria, che è anch’essa una menzogna. Il senso di colpa nei confronti di chi cade al nostro posto ci porta altresì a minimizzare il valore delle loro vite, come se la minor importanza delle loro ragioni, rispetto alle nostre, potesse bastare a motivare la loro maggior sfortuna e le nostre maggiori possibilità di sopravvivere.
Arriviamo a convincerci che le ragioni di costoro siano fittizie, scegliendo di credere alle nostre stesse scuse, per lo più, perché la loro percezione della realtà è alterata da rabbia e fame, dato che rabbia e fame non aiutano a pensare. Alle persone ignoranti, arrabbiate e affamate, quindi, in attesa che ci siano abbastanza scuole, cibo e calmanti, sarebbe meglio impedire di prendere decisioni, perché non sarebbero mai orientate a giustizia e civiltà.
La loro estinzione non è frutto del posizionamento, poiché nasciamo poveri o ricchi, prede o predatori, in modo casuale, ma dipende dal tempo, che non è sufficiente a salvare tutti, e dalle risorse, che sono appena sufficienti per alcuni.
Il nostro non è il desiderio di conservare il posto sull’orlo del baratro e che sia qualcun altro a precipitare, ma solo l’opinione legittima di chi ha una miglior prospettiva.
Finché siamo aggrappati alla coda dei primi, possiamo condividere la nostra visuale con tutti quelli che ci paiono, come noi, combattere per resistere. Con loro non è necessario mentire. Per una forma di cortesia, per non sembrare insolenti, tutti tacciono la verità, senza fatica, e ne parlano solo quando sono certi che nessuno possa rinfacciargliela.
Fortunatamente, nessuno è più tanto spudorato da rinfacciare nulla, da queste parti.