Siamo contaminati. Peggio, siamo la contaminazione… siamo una infezione purulenta, come dice qualcuno, un male che mette in pericolo un delicato equilibrio, come dicono altri… siamo un batterio che può causare la morte dell’intero sistema o esserne spazzato con la vitamina giusta, la proteina, il principio attivo…
Ciò che s’affaccia come un dubbio impertinente nell’esistenza di ciascuno di noi, al riguardo del nostro scopo, se ce n’è, delle nostre finalità, origini e destinazioni, riguarda anche il fatto che non è possibile essere certi, dati gli elementi in nostro possesso, che non siamo noi, esseri viventi di questa parte di universo, un imprevisto, un sintomo indesiderato, una patologia… o anche una piacevole sorpresa, che so, come quando ci si accorge di avere un talento raro, o una moneta da due euro in una tasca interna.
Dobbiamo in effetti la vita a una concomitanza di condizioni favorevoli che ci rendono possibile esistere, qui e ora, ma solo qui e solo per ora, tanto che ciò pare difficile da imputare al solo susseguirsi degli eventi, il cui concatenarsi fino al risultato attuale parrebbe un cammino, sempre ad alcuni, magari a ritroso, ma riconducibile a un disegno, il frutto di una volontà precisa e predeterminata, tanto che il pensiero che non si adegui a quest’ordine di idee rischia di procurare grattacapi.
Fate attenzione a non urtare la suscettibilità delle persone che in merito hanno una bandiera, una religiosità, una fede, perché, se dite loro che non ci sarebbe nulla di male, fossimo stati generati dal caso, li vedrete irrigidirsi moltissimo, fino all’antipatia nei vostri confronti, fino alla rappresaglia. Non servirà rassicurarli, sostenendo che per voi essere figlididdio o batteri è lo stesso, dato che il risultato finale vi piace talmente che anche voi, nelle giornate buone, rendete grazie… che ciò non significa necessariamente abbracciare un dogma o una cabala… ciò significa apprezzare la vita come un’opportunità, giacché ci siamo, di onorarla, come impegno a fare la differenza tra prima e dopo di noi e desiderare di renderla proficua, magari, non solo per sé stessi…
Non vi cimentate mai in queste conversazioni con chi abbia scelto una regola, perché essi percepiscono chi non la segua come uno sregolato, uno scettico, un potenziale avversario. Vi affannereste a dimostrare la vostra appartenenza a un insieme in cui ognuno si sceglie il suo sottoinsieme e le sue intersezioni, ma vi trovereste irrimediabilmente etichettato, quando l’unica cosa che non si addice al vostro look, è un’etichetta.
Scrivete, semmai, prorompete in un tomo: farete prima.
Tanto vale, fossero pure i dadi a guidare le meccaniche celesti, ciò non ci impedirebbe di osservare che l’ambiente in cui siamo, che ci compone e ci genera, non sembra volerci granché bene… di più, parrebbe desideroso di annientarci alla prima occasione, come se ogni vita, pure diversa dalla nostra, richiedesse la nostra fine, per fame o per diletto… anche se ciò non portasse nessun vantaggio al nostro carnefice.
Potrebbe capitare in qualsiasi momento, del resto, come nel caso dei terremoti, degli tsunami e di meteoriti vaganti…e ciò potrebbe anche essere il naturale anticorpo contro il vero nemico biologico dell’universo, cioè noi.
Non è strano accorgersi di quanto ci sia ostile il nostro habitat?
Infondo, noi non sopravvivremmo in nessun altro insieme di coincidenze all’infuori di questo, per quanto ne sappiamo…
Abbiamo nemici potenti nello spazio siderale, che da soli bastano a terrorizzare molti di noi, educati da Hollywood…
Tutto ci minaccia, eppure qualcosa pare sempre impedire che, quello che sembra il nostro inesorabile destino, capiti.
La vita sulla terra, dato che non è chiaro che si possa parlare con tanta consapevolezza della vita altrove, è possibile ma non gradita, osteggiata ma non impedita… l’universo parrebbe non tenerci a vite come le nostre, ma poi crea i presupposti su cui si basano; parrebbe volerci estinguere, ma non definitivamente, lasciando che il male non sia debellato, se di male si tratta, e il bene vinca, ma non trionfi; tutto parrebbe condannarci, mostrandoci inesorabili e funesti orizzonti di morte e distruzione, ma poi ci salva sempre o quasi sempre… insomma, tutte le volte, tranne una.
Per certi versi, pare proprio che l’universo non ci volesse, all’origine. Ci insediammo abusivamente, di soppiatto.
Se oggi si accorge che ci siamo, a volte, se può, tenta di ucciderci, come un bimbo che schiaccia il formicaio senza pietà e senza cattiveria. Con apparente decisione, ma, fino a qui, senza vera determinazione.
Ci tollera, se restiamo fuori dal suo campo visivo… e parrebbe volerci, in qualche modo, in salute… ma solo se non ci mostriamo, come gli scarafaggi al buio.
Fa pensare al giardiniere con le erbacce, che crescono sempre dove non le si vorrebbe, e i fiori, che non crescono mai come previsto, perché entrambi, come facciamo noi, crescono dove possono, in genere, dove devono, in certi casi, ma sempre malvolentieri e con molta riluttante ingratitudine, quando sono gli altri a programmarlo.
Potremmo essere davvero meno centrali di quanto si dice, nel progetto che, con cerimonie, alcuni attribuiscono alla volontà creatrice; potremmo, davvero, essere noi il nemico da battere… lo sospettiamo, anche se in certe notti di malinconia, ciò sarebbe addirittura di conforto.
Qualcuno dice che eravamo polvere e che polvere torneremo ad essere… parallelo che, da un millennio a questa parte, un poco ferisce la nostra autostima. Rimarca uno stato di cose che dovrebbe vederci sereni, in accettazione della nostra temporaneità. Non ci trovo granché di saggio, in questo remissivo andante medievale, che ancora viene spacciato come verità che ci accomuna.
C’è arroganza, nell’accettazione di sé stessi come esseri insignificanti. C’è tutta la presunzione di chi asserisce di conoscere il vero senso dell’esistenza, perché ciò che conta sarebbe ben altro e si troverebbe altrove, mentre a noi, che siamo poca cosa, spetterebbero solo dolore e lacrime.
Io parteggio per la polvere. Osserviamo altalenanti umori di filosofie umaniste e non, che alzano a tratti lo sguardo al cielo e si spauriscono, salvo, rinculando al suolo, imbattersi in un riflesso della propria immagine e sorprendersi a rimirarlo.. e ad apprezzarlo, poiché non è affatto male, in fondo,l.
La consapevolezza dell’infinito è la base di partenza del pensiero di alcuni di noi, ma è un superpotere solo quando non sia un limite e l’autocompiacimento ci sorregge e ci incoraggia, finché non cadiamo in acqua, come Narciso.
È un concetto astruso, forse, ma conviene tenerne conto, prima di rimandare alla vita eterna propositi e speranze.
Sia che si nasca supernova o ameba… o qualunque altra cosa… è bene che si sappia, non è mai saggio risparmiare vita per il dopo.
Ecco che cosa pensavo, stamattina, bevendo il caffè…