Io non odio nulla, a lungo. A ondate, per invidia, per diffidenza o per noia, sono stato restio a praticare alcune persone e attività.
Odiai una ragazza, per una scortesia, tanto da non parlarne più per quasi un anno. Lei seppe dell’accaduto a distanza di due anni, quando, dopo mesi che ci eravamo riconciliati, glielo raccontai. Lei non se n’era accorta.
Odiai degli amici che, ubriachi, mi canzonarono, un giorno, senza un motivo particolare. Li odio tutt’ora, anche se sono passati vent’anni, a loro insaputa. So che, dovesse esserci occasione di riappacificarmi con loro o di vendicarmi, occasione che potrebbe presentarsi anche tra trent’anni, io non me la farei sfuggire. Nessuno penserebbe che la mia reazione sia proporzionata, anzi, probabilmente un intempestivo perdono suonerebbe strano, tanto quanto una tardiva vendetta. Entrambi sarebbero sproporzionati, dopo tanti anni, per molti di quelli che non abbiano convissuto col disprezzo, come ho fatto io.
In generale conservo il rancore accumulato, immagazzinandolo tra l’esofago e la bocca dello stomaco. Provo fastidio, fino al bruciore, solo incontrando uno di quelli che mi aveva ferito o avvicinandomi a uno dei luoghi in cui avevo sofferto, riuscendo a odiarli per sempre, dimenticando i motivi, spesso scordando anche l’offesa, ma conservando una rarefatta sensazione negativa, che diventa parte di me, come le cicatrici restano a lungo dopo che le ferite hanno smesso di sanguinare. La pelle perde un po’ di elasticità e di sensibilità ma, presto o tardi, ci facciamo l’abitudine. Smettiamo di pensare al dolore, tanto che a volte ci dimentichiamo addirittura di averle, certe cicatrici, o di come ce l’eravamo procurate.
A volte le cicatrici fanno male e ci costringono a ricordare, anche se solo vagamente, fastidiosi traumi, ma, con gli anni, succede che diventano nostri irrinunciabili elementi distintivi, tratti salienti, segni particolari. Così, salvo non siano tanto ingombranti da ostacolare le nostre vite, ce le teniamo. Probabilmente, non le vedessimo, domani, dove sono sempre state, da che ci siamo abituati a loro, faticheremmo a riconoscere persino noi stessi. Ci farebbe davvero bene liberarci, così tardivamente, di un fardello che portiamo da tanto, un peso che ci ha causato acciacchi, ma che non ci ha schiacciati? Oppure perderemmo l’equilibrio e, anche se liberi, ciò basterebbe a sbilanciarci, facendoci cadere?
Se posso, ammetto che potrebbe essere la strategia sbagliata, che, se subiamo un’ingiustizia, potrebbe essere meglio chiarire subito, prima che qualcuno ritenga di imporcela.
In primo luogo, potremmo scoprire di avere avuto torto. Egli potrebbe avere ragioni che dobbiamo conoscere, come quando litighiamo con qualcuno e, alla fine, ci rendiamo conto che certe tesi non avremmo dovuto sostenerle o ce le saremmo potute risparmiare.
In altri casi, il rimorso per un brutale chiarimento tempestivo ha lo stesso sapore di quelli tardivi, indubbiamente. Esso lascia ferite simili e genera anch’esso cicatrici; tuttavia, ci risparmia i problemi di stomaco. I bruciori, pur chiaro segnale delle nostre buone intenzioni, dato che preferiamo, al dubbio di ottenere ragione solo perché qualcuno è disposto a darcela, perché siamo capaci di fare la voce grossa, prevaricando, forse, un poco, i limiti, quello meno nocivo per gli altri, di averne o non averne avuta, ebbene, logorano e rendono il gusto delle altre faccende meno piacevole.
Conosco persone che, sfogando subito tutto, rivelando sempre, come in preda a incontinenza, ogni cruccio o gran parte di essi, anche in età avanzata, conservano una invidiabile, buona digestione, ove per digestione non s’intende solamente quella degli alimenti, ma di tutti i bocconi, sia amari che dolci, che la vita e il rapporto con gli altri ci procurano.
Non consiglio, a ragion veduta, di fare come me, se si può far meglio. Io, in certi casi, che non sono passati alla storia, ho fatto meglio. In molti altri, peggio, ma, a mia parziale discolpa, direi che ci ho messo buona volontà. Non è affatto vero che avrei potuto, ma non mi applicavo: io, più di così, non potevo davvero.